domenica 1 gennaio 2012

LUO REED & METALLICA - Lulu


LOU REED & METALLICA
Lulu
(Mercury)

Come ogni volta che abbiamo a che fare con un disco evento, ad esempio nel caso di una collaborazione inaspettata come questa, è molto difficile riuscire a dare un giudizio: le aspettative non sono molte volte soddisfatte, i miracoli succedono poche volte, e si finisce per dire che il lavoro è deludente e che mette insieme le parti peggiori dei concorrenti.
In questo caso si è parlato molto, e alcune volte anche troppo, senza dubbio anche per pompare commercialmente l'evento: la rivista Rolling Stone ha addirittura tirato in ballo Berlin e Master of Puppets, tra i migliori (vecchi, vecchissimi) lavori di Lou Reed e dei Metallica.
Cercare di dare un giudizio effettivo in questi casi è veramente difficile. Bisogna andare coi piedi di piombo, senza mai farsi trascinare da quelle che sono impressioni momentanee.
Il lavoro va considerato prima di tutto come un concept album, una storia che racconta la vicenda di Lulu, la femme fatale berlinese d'inizio secolo che trova la propria radice drammatica ne Il Vaso di Pandora di Frank Wedekind.
Il contesto della capitale tedesca è tratteggiato in maniera più che suggestiva dalla iniziale Brandeburg Gate: Berlino è la città delle avanguardie artistiche, dei caffè filosofici e della ricchezza di una delle più forti borghesie occidentali, ma dietro questa facciata, come celata da uno spesso sipario di oppio, si nasconde quella capitale del vizio e della decadenza in cui la nostra stravagante eroina prende vita.
Le storie di perversa passione sessuale - tema con il quale il nostro Lou va a nozze dai tempi dei Velvet - vengono progressivamente lacerate da misteriose lame, le lenzuola dei letti, i tappeti irrorati da sangue che sgorga caldo fuori da vene recise. E' questo lo sviluppo del nostro disco-romanzo: Jack lo Squartatore entra sulla scena (Pumping Blood), mentre la Padrona Terrore miete le sue vittime sessuali (Mistress Dread). Tra sweet-janeani break introspettivi (Iced Honey) e sinfonie autocommiserative (Cheat on Me), la storia della protagonista è destinata a concludersi tra le braccia affilate di Jack (Dragon). La finale Junior Dad, pur non condividendo il tema del resto dell'album, è un universale lamento, una canzone di congedo, un abbandono alla decadenza che lascia intravedere pochissimi barlumi di speranza.

I contenuti, dunque, ci sono tutti. Ma qualcosa indubbiamente manca a questo disco. Si tratta della forma, che trova in una trascuratezza di fondo la propria insufficienza. L'idea loureediana delle free-form lyrics inserite in un contesto musicale duro e metallico poteva trovare, in generale, una configurazione migliore, cosa che avviene solamente con alcuni pezzi (Junior Dad, Dragon e Frustration su tutte).
Responsabili forse vanno considerati i Metallica, a cui Reed ha lasciato interamente in mano il timone degli arrangiamenti della struttura principale delle canzoni.
Quegli stessi Metallica che escono da questa esperienza contemporaneamente vinti e vincitori: vinti da un punto di vista commerciale, vincitori perché hanno almeno collaborato a qualcosa di artisticamente sensato dopo tanti, tanti anni.

Voto: 6,5/10
13thSpaceman

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